Management autentico
Sono diventato Manager perché ho sbagliato, tante volte. Sono caduto, tante volte.
E mi sono fatto male.
Tante volte.
Ma non ho mai fatto una cosa: nascondere le mie debolezze, i miei dubbi, la mia autenticità.
In ogni dolore, in ogni caduta ed in ogni delusione, ho sempre cercato di vedere il rovescio positivo, l’opportunità nascosta.
Questo per me è stato crescere.
Il Rwanda in questo, mi ha insegnato molto. Faustin mi ha insegnato tanto.
Un ragazzo semplice, che per la sua giovane età ne ha viste tante, forse troppe.
Eppure le sofferenze non lo hanno scalfito, le sue cicatrici lo hanno solo rafforzato e reso più sensibile.
L’ho conosciuto nel maggio del 2018 durante un viaggio con Starbucks, l’origin trip, per visi- tare piantagioni di caffè e condividere momenti con le persone del posto. Il genocidio nel 1994 sterminò più di un milione di persone: uno dei più sanguinosi episodi della storia dell’Africa del XX secolo, che segnò l’uma- nità, sebbene il mondo sia rimasto immobile a guardare come uno spettatore inerme e insensibile.
Assieme ad un contadino abbiamo zappato la terra insieme.
Lui sorrideva, a me tremavano le braccia.
Abbiamo piantato patate insieme.
Lui sorrideva, a me faceva male la schiena. Abbiamo sistemato ed annaffiato la terra.
Lui sorrideva, a me stavano cedendo le gambe.
Cosa mi ha insegnato questa gran persona? Che anche davanti alle fatiche piú difficili puoi sempre sorridere.
Ed abbiamo finito l’orto.
Lui sorrideva, io pure.
Seguendo l’anima e l’istinto, succederà una cosa: non ingannerai te stesso.
Adoro il mio lavoro.
Adoro il team che ogni giorno, fianco a fianco, mostra sé stesso liberamente e senza nascondersi.
Amo chi, con me e come me ci mette passione, cuore e energia.
Ho profondo rispetto.
Ed amo chi si mette in gioco, sbaglia, cade e si rialza.
Perché niente si ottiene con niente. E niente si ottiene fingendo.
Il mio motto e quello che cerco ogni giorno di trasmettere è “testa bassa, fino all’obiettivo”.
Sudore, sacrificio e pochi successi rispetto ai tentativi mi hanno permesso di conoscere persone e andare oltre le apparenze.
Ho creato relazioni forti e solide perché ho sempre creduto nel potere dei legami: in essi risiedono grandi opportunità di crescita e sviluppo.
Ed ho sempre cercato di mostrarmi come sono.
Ho imparato dal passato e migliorato il presente per affrontare il futuro con più consapevolezza, unità e coesione.
Ho accettato che alcuni eventi, anche molto spiacevoli, mi insegnassero una lezione importante.
L’autenticità, la sincerità e la lealtà verso chi ha investito su di me, come leader o come manager, sono forse stati i biglietti da visita più importanti che mi hanno reso quello che sono.
Ho saputo aspettare e ho saputo capire quando il momento di dire alcune cose fosse quello più opportuno.
Ho sempre detto ciò che pensavo, in un modo autentico ma empatico.
L’empatia è un dono che abbiamo quali essere umani, e rimane un dono se non la alleni.
Quello che ho imparato è, in una parola, l’equilibrio.
Un tema antichissimo, presente fin dall’inizio in ogni filosofia.
Secondo il pensiero cinese ogni cosa è divisa tra lo yin (nero) e lo yang (bianco), e rappresenta un equilibrio, un dosaggio fluido e misterioso di queste due componenti.
L’equilibrio è saggezza, è consapevolezza, è saper aspettare, è fare un passo indietro stando fermi ma è anche quel “dosaggio misterioso” che ti da la forza di fare cose mai fatte.
“The difference between act vs react”.
Il rispetto sta bene su tutto.
Usalo.
E’ forse l’atto di coraggio più straordinario che un manager può fare per crescere.
Ho dedicato la mia vita sull’impegno, sul meritarmi rispetto ogni giorno e sul raggiungere gli obiettivi un passo alla volta con sudore e passione.
Ho imparato da tante persone nel percorso, ognuna di esse mi ha insegnato qualcosa sia positivamente che negativamente.
Quello che però ha fatto la differenza è stata la mia parola nelle situazioni, nelle decisioni e nei dubbi vissuti.
Mia nonna che è stata la donna che più di tutti mi ha formato, mi ha nutrito ed ispirato, ha fatto sì che la costanza, il sacrificio e la volontà diventassero parte di me. Con l’esempio mi ha guidato, con l’amore mi ha temprato.
La parola, la tua parola che prometti in particolare a te stesso, non tradirla mai. Sarà quella che segnerà il tuo cammino.
Sii te stesso, con la pazienza elegante di un saggio maestro e la sciabola tagliente di un samurai.
E sii vulnerabile, lasciati “guardare” anche nella tua fragilità.
Perché essere sé stessi in quei momenti non significa essere deboli, anche di fronte al tuo team.
E’ forse l’atto di coraggio più straordinario che un manager può fare per crescere.